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Il racconto di un’esperienza unica dalla viva voce dei partecipanti.
Per ricordare la scorsa edizione di Anica Academy Summer School abbiamo intervistato Raffaele Grasso, il regista che ha realizzato il documentario che testimonia i momenti più significativi dell’iniziativa.
Una settimana di full immersion tra incontri, lezioni frontali con addetti ai lavori e visite guidate, con cui gli studenti hanno avuto l’opportunità di esplorare tutte le diverse professionalità dell’audiovisivo, dalla produzione alla scenografia. Anica Academy Summer School 2023 è stata un’esperienza entusiasmante, che ha consentito alle classi di approfondire il loro bagaglio iniziale di conoscenze e orientare con maggiore consapevolezza il loro futuro in questo settore.
Per la realizzazione di questo documentario hai seguito da vicino per più di un mese lo svolgimento della Summer School tra Roma, Palermo e Rimini.
Qual era la tua giornata tipo e come hai organizzato il lavoro con il resto del team?
La mia giornata tipo cominciava un’oretta prima delle lezioni e finiva almeno un’ora e mezza dopo. Era molto importante che ogni mattina all’arrivo dei ragazzi e delle ragazze fossi già pronto a girare: zaino in spalla, batterie di ricambio e, ovviamente, scarpe comode, che nel cinema sono più importanti delle buste paga (o forse no!). Tornando a noi. Ho cercato di girare il più possibile per cogliere dettagli e particolari che sarebbero potuti sfuggire in un tempo limitato di ripresa. Con il resto del team c’è stata piena collaborazione, con tanto di soffiate su pause e spostamenti dei ragazzi e delle ragazze, così da permettermi di realizzare le interviste nei momenti migliori. È stata un’esperienza immersiva e credo che questo abbia aiutato i ragazzi e le ragazze a familiarizzare con la mia presenza costante. I primi giorni erano intimiditi dalla macchina da presa, ma dal terzo molti di quelli che prima la evitavano hanno cominciato a cercarla e sentirsi al sicuro, ed è lì che ho capito che stava succedendo qualcosa di importante.
Raccogliendo le testimonianze degli studenti hai trovato analogie e punti di contatto tra le tue aspirazioni e i tuoi dubbi prima di iniziare a lavorare in questo campo?
Quando si nasce in un luogo o in una famiglia lontane dal cinema è molto complicato credere nella propria passione, ma ancora più complesso pensare che possa diventare un mestiere. Anche io provengo da una famiglia che con il cinema non ha nulla a che fare: mamma biologa e papà geologo. Sono cresciuto ad Ariano Irpino in Campania fino ai 19 anni, dopodiché mi sono trasferito a Roma per studiare Letteratura Musica e Spettacolo, perché inizialmente il mio sogno era diventare un chitarrista. Ancora non sapevo che in quel corso di laurea la componente musicale era decisamente inferiore rispetto a quella cinematografica. Così, in un momento un po’ complicato della mia vita ho scoperto il cinema: è stato amore a prima vista, esplorazione curiosa e studio matto e disperato. Oggi è diventato il mio modo di stare al mondo e il mio mestiere. I miei non mi hanno mai davvero ostacolato, anzi adesso sono i miei primi fan, ma lo scetticismo da parte di tutti gli altri è stato tanto. In molti degli iscritti ho rivisto la mia stessa difficoltà a farsi ascoltare e prendere sul serio da chi ci sta intorno. Per questo nelle interviste ho cercato di farli sentire compresi, cosa che avrei desiderato tanto alla loro età. Mi sono messo completamente in ascolto e ho cercato di infondere il loro un po’ di fiducia, raccontandogli di come dal nulla con tanto studio e sacrifici ho cominciato a girare i miei cortometraggi e a lavorare come assistente alla regia su progetti importanti come Esterno Notte di M. Bellocchio.
Tra le cose più interessanti che emerge dalle interviste c’è sicuramente la dimensione collettiva del lavoro cinematografico e audiovisivo.
Quale pensi sia la scoperta più significativa che i ragazzi hanno potuto vivere in questo senso?
Prima di ogni tappa della Summer School ho guardato i video-colloqui dei ragazzi e delle ragazze per conoscere la loro preparazione e i loro interessi e, come era prevedibile, la maggior parte di loro avrebbe voluto fare il regista. A Summer School conclusa, invece, molti si sono ripensati aspiranti scenografi, organizzatori generali, direttori della fotografia, operatori, location manager. In questo senso, la scoperta della dimensione collettiva del cinema e di tutti suoi mestieri, ha aperto loro gli occhi su un ventaglio di possibilità di cui non conoscevano l’esistenza. Un’altra grande conquista durante la Summer School credo sia stata la presa di consapevolezza di non essere i soli a coltivare questa passione, visto che nelle cerchie di amici e compagni di classe molti di loro si sentono degli outsider.
In alcune zone periferiche del nostro paese è ancora un tabù manifestare interesse verso mestieri che hanno a che fare con la cultura e l’intrattenimento, e nel documentario emerge chiaramente dall’intervista alle tre ragazze siciliane. La Summer School ha fatto sì che si incontrassero ragazzi tra loro simili, con gli stessi dubbi e la stessa passione, scoprendo che è del tutto normale e plausibile avere questo tipo di interessi, basta cercare nei posti giusti.
Puoi citare un aneddoto o un momento della Summer School che ti ha particolarmente colpito e coinvolto, e dirci perché?
Il documentario si apre con una promessa: almeno per un anno i ragazzi e le ragazze sarebbero rimasti in contatto spedendosi delle lettere scritte rigorosamente a mano. Non è stata una promessa vana perché tre ne sono arrivate anche a me e lo scambio epistolare continua, scrivendo di cinema del futuro, di aspirazioni, mondo del lavoro e tematiche importanti.
Un altro momento molto significativo risale alla data conclusiva di una delle tre tappe, quando un ragazzo, che non si era mai prestato all’intervista, mi si avvicina per parlare a macchina spenta come in una sorta di confessionale. Dietro la sua timidezza c’era una forte paura del giudizio degli altri per cui non si è sentito libero di parlare della sua passione per il cinema a persone che non fossero i suoi genitori, che erano gli unici a sapere che stesse frequentando la Summer School. Nonostante ciò, ha trovato la forza per cominciare ad affrontare una coercizione che vivevo anch’io da adolescente. Spero che la nostra chiacchierata e l’esperienza che ha vissuto l’abbiamo aiutato a credere in ciò che gli piace.
Ho sposato sin da subito questo progetto perché mi interessa molto il punto di vista dei giovanissimi sul mondo, in alcuni casi molto più lucido e a fuoco di chi non è più così tanto giovane. Ancor di più mi interessa poter restituire un po’ di quello che ho imparato in 9 anni a Roma, perché si inizi a credere in una alternativa a tutti quei lavori possibili che sembrano essere gli unici quando si è al liceo, ad un passo dalla maturità. Quei ragazzi mi hanno emozionato, intenerito ed illuminato, conoscerli è stata per me un’esperienza unica, e spero che la stessa fascinazione arrivi anche a chi guarderà il documentario.
Bio
Raffaele Grasso ha lavorato come assistente alla regia sulle serie Esterno Notte (M. Bellocchio) e M – Il figlio del secolo (J. Wright), sul mediometraggio O Night Divine (L. Guadagnino), su film come Felicità (M. Ramazzotti) e Here Now (G. Muccino).
Il suo più recente cortometraggio, La Carezza (2022), interpretato da Gabriel Montesi e Peppe Piromalli, è stato selezionato a più di 30 festival. Nel 2023 ha diretto il documentario Summerschool – Il racconto per ANICA Academy.
Le sue sceneggiature per cortometraggio hanno vinto premi come il Premio Solinas 2022 sez. “Screen in Green” per Lo Chiamavano Street food, vincitore anche del premio miglior script al Plot Point Awards 2023, il premio miglior sceneggiatura al Festival Inventa Un Film di Lenola 2021 per ALT – A Lungo Termine, script vincitore anche del premio miglior concept al Plot Point Awards 2022, e secondo premio all’edizione 2023 dell’Inventa un Film di Lenola per lo script animato Una Vita da Palla.
Ha collaborato come filmmaker con ANICA Academy, Giornate degli Autori, Associazione 100Autori, Noir In Fest. Insegna sceneggiatura presso l’Accademia delle Arti e nuove tecnologie AANT di Roma.
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